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Storia
di Terni
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Città industriale che sta valorizzando la sua arte
e la sua storia
La
città di Terni è oggi il centro abitato principale
dell'omonima conca, nonché una delle città più
importanti e popolose dell' Italia Centrale e dell'area appenninica.
Si sviluppa su un piano alla sinistra del fiume Nera, in un
territorio alla confluenza della valle del Velino e della
Valnerina, dove i fondovalle intersecano gli importanti corridoi
naturali appenninici come la valle del Naia, il medio Tevere
e la valle del Clitunno, storicamente attraversati dalle principali
vie di comunicazione dell'Italia centrale. I primi reperti
archeologici, che testimoniano la stabile presenza umana nel
territorio, sono emersi da alcuni scavi periferici e risalgono
all'Eneolitico e all'Età del Ferro. Dopo la prima metà
del III secolo a.C., i Romani fondarono una colonia in territorio
nequinate, presso Narni, col nome di Interamna. La colonia
fu poi inserita in età augustea nella Regio VI. Interamna
divenne sede di una diocesi cristiana dal II secolo e, dopo
aver subito le devastazioni delle invasioni barbariche, nel
medioevo vide dapprima la dominazione dei Longobardi di Spoleto,
del ducato romano e di quello del partito ghibellino cittadino,
fino alla definitiva annessione allo Stato Pontificio, avvenuta
sotto papa Innocenzo III. Per tutta l'età moderna Terni
non fu altro che una città di piccole dimensioni della
campagna umbra fino a quando, nel XIX secolo, lo sviluppo
industriale e ferroviario prima, e l'istituzione dell'omonima
provincia poi, portarono la città, in un periodo di
tempo relativamente breve, ad un radicale cambiamento della
sua economia e dei suoi equilibri sociali.
Preistoria
La città, posta in una pianura alluvionale tra il fiume
Nera e il torrente Serra, vide il suo territorio abitato in
modo stanziale non prima dell'Eneolitico, a cui risalgono
un fondo di capanna e materiale ceramico con le caratteristiche
tipologiche della cultura di Conelle-Ortucchio, scoperti al
di sotto di alcune sepolture della più tarda necropoli
delle Acciaierie. Anche durante la media Età del Bronzo
gruppi umani, portatori della cosiddetta Civiltà Appenninica,
hanno abitato questa zona, anche se le testimonianze archeologiche
più significative sono state rinvenute intorno al Lago
di Piediluco, poco distante da Terni.
Fase
«Terni I»
La presenza umana più significativa, però, è
datata al X secolo a.C., cioè all'inizio dell'Età
del Ferro: nel 1884, durante i lavori di costruzione dell'acciaieria,
fu ritrovata una vasta necropoli, utilizzata fino al VI secolo
a.C. In base alla tipologia dei corredi funerari è
possibile distinguere tre fasi: Terni I, Terni II e Terni
III.
Alla
prima fase, la più antica, appartengono le tombe ad
incinerazione, formate da un pozzetto per lo più cilindrico,
all'interno del quale erano deposti un'olla di tipo villanoviano
ed un corredo di fibule ed anelli nelle sepolture femminili,
rasoi di bronzo nelle sepolture maschili; in alcune tombe
l'urna cineraria era ricoperta da una o due lastre di pietra
a cappuccina e tutto il pozzetto era stato riempito con terra
e ciottoli, poi delimitato da un circolo di pietre. Le analogie
culturali sono con l'area laziale, soprattutto Roma-Colli
Albani e Allumiere. L'abitato corrispondente alla necropoli
di questo periodo era probabilmente situato sul Colle di Pentima,
lungo il margine orientale della conca ternana, al di sopra
del deposito alluvionale fra il Nera e il Serra, in cui fu
dedotta la necropoli.
Fase
«Terni II»
La seconda fase, databile al IX secolo a.C., è caratterizzata
dalla sostituzione del rito funerario dell'incinerazione con
quello dell'inumazione, anche se il primo risulta ancora praticato
in una piccola minoranza delle deposizioni. Le sepolture ad
inumazione erano costituite da fosse rettangolari, riempite
con terra e pietrame oltre il livello del suolo, a volte delimitate,
in superficie, da un circolo di pietre. Ai piedi dell'inumato
furono collocate olle ed orciuoli, di produzione locale, ad
impasto parzialmente depurato e con scarsa decorazione. In
questo periodo le tombe maschili sono dominate dalla presenza
delle armi, generalmente di bronzo, fra cui spade corte con
lama ed impugnatura fuse insieme, punte di lancia, alcune
in ferro, poste ai lati della testa, di forma triangolare.
Numerosi sono anche i rasoi, in genere semilunati, con incisioni
geometriche. Le sepolture femminili sono caratterizzate dalla
presenza di armille, orecchini, collane e spirali in bronzo
ornati con ambra, pasta vitrea o osso. Le fibule sono numerose
e di varia foggia. All'atto della scoperta risultavano deposte
un po' dappertutto: dalla più semplice posizione all'altezza
del petto, fino ad una lunga serie che dallo sterno giungeva
ai piedi lungo il fianco sinistro. Le evidenze culturali di
questa fase ricollegano la necropoli ternana all'area umbra,
sabina e picena, ma con apporti dalla fase laziale di Roma-Colli
Albani II, soprattutto nella ceramica. I gruppi che hanno
dedotto la necropoli sembrano organizzati secondo una gerarchica,
forse, guerriera, capaci di produrre eccedenze alimentari
dalle attività agricole e di allevamento e in una minoranza
di casi in grado di accumulare ricchezza, scambiando manufatti
anche a lunga distanza, da Fratta Polesine, in piena cultura
veneta all'Etruria settentrionale e meridionale.
Fase
«Terni III»
Alcuni reperti del Museo ArcheologicoAlla terza fase, databile
fra l'VIII e il VI secolo a.C., appartengono le tombe di S.
Pietro in Campo, poco più ad occidente della necropoli
delle Acciaierie. Le sepolture sono tutte ad inumazione, particolarmente
ricche: quelle maschili di armi in ferro, fra cui lance a
foglia, giavellotti, spade e pugnali; quelle femminili di
lebeti, bacili, attingitoi, anfore, oltre alle fibule. Il
materiale ceramico, molto più fine e lavorato rispetto
a quello della fase precedente, è rappresentato in
genere da un grosso vaso, e da uno o più piccoli vasi
ed altri oggetti, come coppette ed ollette, tutti deposti
in un'unica tomba. Gli oggetti di metallo e ceramici sono
sia di origine straniera, soprattutto fenicia, etrusca, falisca
e picena, sia locale, ma sempre con richiami tipicamente orientalizzanti
in quelli databili al VII e VI secolo a.C. Il gruppo sociale
che ha utilizzato questa necropoli sembra connotato da una
maggiore differenziazione dei suoi componenti, alcuni dei
quali dominano per ricchezze e capacità militari di
controllo del territorio; la produzione agro-alimentare va
ben oltre una semplice economia di sussistenza, con l'accumulo
di derrate anche di prestigio; infine, l'ambiente culturale
è più incline ad accettare nuovi schemi. L'abitato
non sembra più localizzato sul Colle di Pentima ma
sulla piccola altura, corrispondente all'attuale piazza Clai,
dove sorgerà la città romana e la Terni dei
secoli successivi, come risultato di un'opera di urbanizzazione
che ha visto lo spopolamento di alcune alture circostanti
la conca ternana e la concentrazione della popolazione intorno
ad un'area cultuale, in prossimità di un guado del
Nera, alla confluenza col Serra; questa caratteristica geografica
giustificherà il toponimo latino.
In
epoca storica, secondo le Tavole eugubine, il popolo dei Naharti
(Naharkum..Numen) era considerato nemico dell'arce umbra di
Gubbio, al pari degli Etruschi e degli Jabusci. È probabile
che i Naharti abitassero proprio lungo il corso del Nera,
la cui radice idronimica Nahar- è in comune con l'appellativo
Naharkum. Quindi, l'etnia localizzata su quella piccola altura
potrebbe appartenere al popolo dei Naharti. È molto
difficile valutare chi fossero costoro, ma è ragionevole
pensare che fossero diversi dagli Umbri e che appartenessero
ad un substrato indoeuropeo più antico.
Alcune
sommità che circondano la piana di Terni continuarono
ad essere abitate, come le propaggini meridionali dei Monti
Martani, disseminate di piccoli insediamenti, posti fra i
700 e i 1000 metri di altezza, non tutti a scopo abitativo.
Il più importante di questi è il sito fortificato
di S. Erasmo di Cesi, databile almeno al V secolo a.C., provvisto
di due piccole necropoli che vanno dal IX al VI secolo a.C.,
sorto poco più in basso del complesso cultuale di Torre
Maggiore, risalente al VI secolo a.C., ma probabilmente frequentato
da molto prima, in cui sono stati rinvenuti una serie di bronzetti
votivi, soprattutto a carattere guerriero; cosa che indica
la natura militare dei gruppi preminenti localizzati su queste
alture. La notizia non provata che al di sopra di Rocca San
Zenone si trovasse l'oppidum umbro di Vindena si riferisce
probabilmente alla memoria di questi insediamenti di altura.
La
conquista romanaLe fonti classiche non citano quando Terni
entrò a far parte delle strutture amministrative romane.
Poco prima che scoppiasse la terza guerra sannitica Roma intraprese
una campagna di guerra contro i Nequinati, gli abitanti dell'odierna
Narni, dove, dopo la presa di Nequino, impiantarono una colonia
latina, conferendole il nome di Narnia. Nel 290 a.C., o poco
dopo, M. Curio Dentato promosse sia la costruzione della Via
Curia, collegando Terni a Rieti, sia, nel 271 a.C., il taglio
del costone delle Marmore, per facilitare il deflusso delle
acque del Velino nel Nera; è quindi probabile che,
dopo la prima metà del III secolo a.C., quel nucleo
abitato, sorto alla confluenza del Serra nel Nera, fosse stato
romanizzato in colonia latina con il nome di Interamna. Non
è dato sapere se la deduzione della colonia avvennisse
contemporaneamente a quella di Narnia, ma, analogamente ad
altre fondazioni coloniche, è presumibile che sia accaduto
proprio questo. Tra l'altro, sembrano risalire a questa epoca
le mura che circondarono il perimetro dell'abitato romano.
Durante
la seconda guerra punica, nel 214 a.C., dodici colonie latine,
fra le quali Interamna, per mancanza di uomini e di denaro,
non si trovarono nelle condizioni di fornire il loro contingente
di armati per formare le due legioni urbane, che i consoli
di quell'anno, Quinto Fabio Massimo e Quinto Fulvio Flacco,
ebbero intenzione di arruolare.
Il
rifiuto di consegnare gli armati fu giudicato dal Senato di
Roma atto di tradimento, cosicché, dopo altri episodi
di renitenza verificatisi per altri sei anni, nel 208 a.C.
scattò la punizione, che entrò nella giurisdizione
romana con il nome di jus XII coloniarum: le dodici colonie,
oltre che a fornire un numero di armati fisso, da inviare
fuori d'Italia, furono costrette a redigere annualmente le
liste censorie e a consegnarle ai magistrati romani in carica,
in modo che l'arruolamento fosse fatto direttamente da costoro,
previa una tassa dell'un per mille sui cespiti dichiarati.
Mappa della regio VI.Alla fine del II secolo a.C. sono databili
alcuni lavori di riassetto del ramo orientale della via Flaminia,
che collegava, e collega, Narni a Spoleto, per riallacciarsi
all'originario tracciato della consolare all'altezza di Forum
Flaminii, poco a nord di Foligno. Non si sa quando sia stato
costruito questo ramo stradale, ma è evidente che con
esso si realizzò una più forte presenza di Roma
fra la fedelissima Otricoli e l'altrettanto fedelissima Spoleto,
soprattutto dopo la defezione degli Interamnates durante la
seconda guerra punica. Per quanto riguarda Interamna, la Flaminia,
che entrava in città da sud-ovest, costituì
il cardo, mentre l'ipotetico tracciato della Via Curia, o
la strada che con essa si raccordava, all'interno delle mura,
formò il decumanus.
Dopo
la guerra sociale Interamna divenne municipium, non si sa
se con le caratteristiche della piena cittadinanza o come
civitas sine suffragio. In seguito alla sconfitta di M. Antonio
nella guerra di Perugia contro C. G. Cesare Ottaviano, Interamna
fu salvata dalla confisca delle proprietà private,
pur dovendo subire attribuzioni viritane in favore di militari
dell'esercito di Ottaviano.
L'Impero
RomanoCon la sistemazione amministrativa dell'Italia, Interamna
fu iscritta alla tribù Clustumina e inclusa nella Regio
VI Umbria. Si colloca nel periodo fra la fine del I secolo
a.C. e la prima metà del I secolo d.C. la strutturazione
definitiva della Terni romana. In questo periodo sono edificati
i templi, il teatro, due terme e l'anfiteatro. La larga disponibilità
di acqua e la fertilità del suolo permisero un fiorente
sviluppo dell'agricoltura, le vie di comunicazione quello
dei commerci; le colline intorno all'abitato si popolarono
di ville rustiche. Sono attestate le canoniche magistrature
municipali come i Quattuorviri jure dicundo, i due aediles
curules, i quaestores a decurionibus, i decuriones e gli addetti
al culto imperiale, i seviri augustales; fra le cariche religiose,
figuravano il pontifex e il praetor sacrorum.
Nel
69 Interamna fu sede di una scaramuccia fra quattrocento cavalieri
delle ultime coorti di Vitellio, attestate a Narni, e le legioni
di T. Flavio Vespasiano, accampate a Carsulae. Sarebbe stato
questo l'unico atto di guerra nella resa finale fra i due
contendenti, avvenuta per tradimento degli armati di Vitellio.
Lucio Settimio Severo
« Per eos cognitum est Interamnam proximis campis praesidio
quadringentorum equitum teneri. Missus extemplo Varus cum
expedita manu paucos repugnantium interfecit, plures abiectis
armis veniam petivere. »
« Attraverso costoro si seppe che Interamna, posta nelle
campagne vicine, era tenuta da quattrocento cavalieri. Varo,
che era stato immediatamente inviato con soldati armati alla
leggera, uccise quei pochi che opposero resistenza, mentre
la maggior parte, gettate le armi, chiedevano di essere risparmiati
»
( Publio Cornelio Tacito Historiae, Liber III, LXI, traduzione)
Nel
193 L. Settimio Severo, in qualità d' Imperatore, nominato
dalle legioni d'Illiria, incontrò ad Interamna la delegazione
senatoriale che gli si fece incontro per omaggiarlo della
carica e per chiederne il perdono.
Nel
253, nei pressi di Interamna, trovò la morte, ad opera
dei suoi stessi soldati, l'imperatore V. Treboniano Gallo
e suo figlio G. Vibio Volusiano, che si apprestavano a combattere
contro le legioni dell'usurpatore M. Emilio Emiliano, acclamato
Imperatore dalle truppe della Mesia.
Resti dell'anfiteatro romanoNel 306 Galeno, Cesare dell'Illirico,
sceso in Italia con le sue legioni per costringere Massenzio
a cedere il titolo di Imperatore, conferitogli soltanto dai
Pretoriani, e la giurisdizione sull'Italia e l'Africa, pose
i suoi accampamenti presso Interamna e da lì tentò
di convincere Massenzio, prima di attaccare Roma; il tradimento
di molti dei suoi soldati, però, lo indusse a ritornare
in Illiria.
Risale
all'inizio del III secolo d.C. la testimonianza della Tabula
Peutingeriana che il tracciato di riferimento della Via Flaminia
non è più quello occidentale, da Narnia a Mevania,
ma quello orientale, che passa per Terni, contrariamente all'
Itinerarium Gaditanum, di due secoli prima, che indica il
primo come percorso preferito. È probabile che fra
il I e il III secolo sia stato costruito, su un tracciato
molto più antico, il ramo della Via Flaminia, chiamato
via Interamnana, che collegava Interamna ad Eretum, l'attuale
Monterotondo e che permetteva di raggiungere Roma attraverso
la via Salaria o la via Nomentana, senza passare per la via
Flaminia.
Con
la riforma dell'Impero, voluta da Diocleziano, Interamna fu
inserita nella provincia di Tuscia et Umbria.
La
diffusione del Cristianesimo è attestata dall'area
cimiteriale, databile al IV secolo, sorta su una necropoli
pagana, alla sommità di un colle poco a sud della città,
lungo la via Interamnana. I vescovi sicuramente accertati
sono un certo Praetextatus al 465 e un Felix fra il 501 e
il 502. Il luogo principale di culto fu costruito probabilmente
all'interno delle mura cittadine, a ridosso dell'anfiteatro
Fausto, nel luogo dove ora sorge la cattedrale e dedicato
inizialmente a S. Maria Assunta e a S. Anastasio.
L'Alto
Medioevo
Papa Zaccaria.Data la posizione centrale e le sue vie di comunicazione,
Interamna vide continui movimenti di armati attraversarla
da nord a sud e viceversa, per tutto il tardo Impero e nel
corso delle invasioni barbariche, nonostante, in proposito,
manchi una documentazione precisa.
Nel
537, durante la Guerra Gotica, Vitige, dopo aver rinunciato
all'assedio di Narni, tenuta dai Bizantini di Bessa, condusse
il suo esercito a Roma, attraverso la Sabina, probabilmente
percorrendo la via Interamnana. Se Terni rimase in mano a
Belisario non è dato di sapere; ammesso che lo fosse,
Totila, nel 544, la riconquistò, insieme alla piazzaforte
bizantina di Spoleto, procedendo al sistematico recupero del
dominio sulla Via Flaminia, itinerario obbligato per gli aiuti
di Bisanzio a Roma, tramite Ravenna o le Alpi Giulie. Un percorso
analogo fu fatto nel 551 da Narsete, che riprese la Tuscia
fra Perugia, Spoleto e Narni, compresa Terni.
Ma
la conquista più significativa fu quella longobarda,
avvenuta ad opera dei Duchi di Spoleto alla fine del VI secolo
e compiuta già al tempo di Autari. Terni assunse il
carattere di città di frontiera, trovandosi a poca
distanza da Narni bizantina, posta a guardia della via Flaminia.
Sebbene il limite esatto fra le due aree nemiche sia molto
difficilmente identificabile, si ritiene che esso fosse compreso
fra la consolare Flaminia, nel suo percorso più antico,
in mano ai Bizantini e la via Interamnana, in mano ai Longobardi,
che la utilizzarono per l' occupazione della Sabina occidentale,
fino a Farfa. Per questi motivi potrebbe essere giustificabile
l'esistenza di un gastaldato fin dalla prima metà del
VII secolo.
Proprio
come città di frontiera Terni vide nel 742 il solenne
incontro di Liutprando con Papa Zaccaria, in seguito al quale
il re longobardo fece atto di rinuncia al possesso dei castelli
occupati in quell'anno, compreso Narni, e definì un
nuovo assetto territoriale del suo regno nell'Italia centrale.
« Veniens itaque ad civitatem Interamnis, ubi tunc dictus
rex cum suis exercitibus erat, cum rex audiret eius adventum,
omnes duces exercituum suorum maiores usque ad octo miliaria
misit obviam illi. Sed et ipse rex usque ad medium miliare
processit obvia Zachariae summo pontifice, illumque cum gaudio
magno et summa reverentia intra civitatem suscepit. Cumque
in ecclesia beati valentini ambo consedissent.....huius autem
sanctis persuasionibus compunctus rex langobardus, ad mandatum
pontificis civitates, quas Romanis abstulerat, restituit.
»
« Mentre, così, stava giungendo [papa Zaccaria]
nella città di Interamna, dove il re si era già
attestato con tutto il suo esercito, il re, che era venuto
a sapere del suo arrivo, mandò tutti i suoi comandanti
di grado più alto fino all'ottavo miglio per accoglierlo.
Ma lo stesso re procedette incontro al sommo pontefice Zaccaria
e lo accompagnò all'interno della città con
grande gioia e massimo rispetto. Dopo essersi assisi ambedue
nella chiesa del Beato Valentino.....colpito dalle sante parole
persuasive di costui [papa Zaccaria] il re longobardo restituì
al pontefice le città che aveva tolto ai Romani »
(Pauli Continuationes, III , 9-18, traduzione)
Durante
la prima fase del dominio longobardo la diocesi ternana fu
soppressa da Gregorio Magno, forse più per mancanza
di fedeli che per riduzione della popolazione e fu assorbita
da quella di Narni.
L'Italia
nel 1050. - Il passaggio ai Franchi non mutò radicalmente
la situazione, poiché Terni continuò a dipendere
dal Ducato di Spoleto. La diocesi alla fine dell' VIII secolo
fu annessa a quella di Spoleto, ristabilendo, così,
ma a favore del Regno, un'anomalia istituzionale. Proprio
per questo motivo il Papato e la diocesi narnese non smisero
mai di rivendicare la sovranità su Terni, facendosi
forti della Promissio Carisiaca e dei diplomi successivi,
che affermavano la volontà dell'Impero di restituire
Narni al Papa.
La
questione sembrò schiarirsi nel febbraio del 962 quando
Ottone I di Sassonia all'interno di un suo notissimo privilegium,
fra i numerosi provvedimenti, riconobbe al Papa, Giovanni
XIII, della Famiglia dei Crescenzi, veri e propri feudatari
del narnese, il possesso di Teramne con tutte le sue pertinenze.
La cosa, però, non ebbe seguito, forse per le resistenze
dei duchi e dei vescovi di Spoleto.
Il
Basso Medioevo - Nel marzo o aprile del 1174 Terni fu distrutta
dall'esercito del legato imperiale l'arcivescovo Cristiano
di Magonza, il più spietato collaboratore di Federico
Barbarossa nel domare le città filo-papali.
Soltanto
la decisa opera di annessione dell'intero Ducato di Spoleto,
da parte di Innocenzo III, nel 1198, riuscì a fare
di Terni un pezzo del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Nel
1218, Onorio III ricostituì il Capitolo Cattedrale
nella chiesa di S. Maria Assunta, ma dotandola di una competenza
territoriale molto esigua, esposta alle rivendicazioni, da
una parte di Narni, dall'altra di Spoleto.
Quando
Terni entrò a far parte del potere temporale dei Papi
era già un Comune, con la magistratura dei due consoli
e il Parlamento. In quella occasione, ebbe anche il Podestà
e il Capitano del Popolo, apparentemente in anticipo di qualche
decennio rispetto ad altri comuni umbri.
Nel
giugno del 1241 si sottomise spontaneamente a Federico II,
che la individuò, forse per le sue vie di comunicazione
con Roma, come base della sua presenza nell'Italia Centrale,
allo scopo di tenere sotto controllo la crisi scoppiata con
Papa Innocenzo IV.
Confoederatio
cum principibus ecclesiasticisSostò nelle vicinanze
di Terni fra l'estate del 1244 e il marzo del 1245; attese
invano Innocenzo IV, nel frattempo scappato, prima a Genova,
poi a Lione, ma condusse con il cardinale Ottone di Porto,
attestato a Narni, rimasta fedele al Papa, le trattative sulla
sistemazione delle reciproche sfere di influenza in Lombardia.
Sempre a Terni ricevette, anche, Alberto, Patriarca della
chiesa antiochena, che tentò una mediazione fra Federico
e il Cardinale diacono Ranieri, di S. Maria in Cosmedin, il
quale conduceva, soprattutto nella Tuscia, un'incessante guerriglia
contro le truppe arabe dell'Imperatore.
Ritornò
a Terni nel 1247 e sembra che convocò proprio in questa
città la dieta che avrebbe designato a succedergli
suo figlio Enrico. Ma con la morte del sovrano Terni tornò
all'obbedienza papale, anche se lo fece molto tardivamente,
nel 1252.
Nel
1294 il Comune si dotò di una nuova carica, i 'quattro
di credenza' o difensori del Popolo e nel 1307 dei Priori.
L'istituzione di queste due magistrature furono indotte dal
crescente peso che gli appartenenti alle arti e mestieri,
come, ad esempio, i lanaioli, i fabbri, i tintori, i commercianti,
avevano acquisito all'interno di una comunità dominata
dai proprietari terrieri e dai milites.
Durante
la Cattività avignonese continuò la resistenza
al potere papale e, schiacciata fra due fortissimi Comuni,
come Spoleto e Narni, fu costretta ad allearsi con Todi, che
nominò fra il 1338 e il 1354 sette Podestà su
dieci. Nel 1354 si sottomise al legato Papale, il cardinale
Egidio Albornoz, dietro pagamento di cinquecento fiorini annui
per dieci anni, una condizione molto mite rispetto a quelle
riservate ad altri comuni del Patrimonio.
All'inizio
del XV secolo cadde sotto la signoria di Andrea Tomacelli,
uno dei fratelli di Bonifacio IX, che, come Podestà
di Terni, ne fece una rocca di resistenza contro le mire espansionistiche
dei Visconti. Fra il 1408 e il 1415 fu occupata dalle truppe
di Ladislao I d'Angiò, che la sfruttò per le
sue operazioni contro Spoleto. Nel 1417 fu soggetta alla signoria
di Braccio da Montone, ma nel 1421 i mercenari al soldo di
Martino V la ricondussero sotto il potere papale. L'occupazione
nel 1434 da parte delle truppe di Francesco Sforza fu soltanto
uno sporadico episodio nel contesto della guerra per la supremazia
fra Firenze e Milano.
Fra
il 1444 e il 1448, prima Eugenio IV, poi Niccolò V
modificarono gli statuti comunali ed introdussero a Terni,
come in altre parti del Patrimonio, il Governatorato, dando
così un'impronta accentratrice all'ammnistrazione pontificia.
Il
dominio papale
Stemma dello Stato PontificioNel luglio del 1527 i Lanzichenecchi,
di ritorno dal sacco di Roma, presero il campo a Terni, che
si era schierata dalla parte degli imperiali e dei Colonna;
da qui diressero le operazioni contro Spoleto e contro Todi,
dove si erano accampate le truppe della Lega di Cognac.
L'appoggio
alla politica dei Colonna e la benevola accoglienza riservata
all'esercito imperiale derivarono da una vecchia insofferenza
della città alle mire dominatrici del Papato, che,
non solo aveva fermato, spesso con durezza, l'espansionismo
comunale, ma aveva anche alterato gli antichi ordinamenti
municipali. Infatti, alle vibrate proteste e alle sommosse,
nella seconda metà del 1400, contro la figura del Governatore
e contro i simboli del potere papale, l'autorità pontificia
aveva risposto, nel 1501 con la dichiarazione di 'città
ribelle' e nel 1515 con il notevole ridimensionamento dei
poteri del Podestà a favore di quelli del Governatore.
Per approfondire, vedi la voce Banderari.
Tuttavia,
il fatto che portò alla definitiva scomparsa del Comune
fu la rivolta dei Banderari, scoppiata il 25 agosto del 1564
per vecchie ruggini personali e per l'impossibilità
dei Banderari di accedere al Priorato e al Consiglio di Cerna.
L'uccisione di alcuni nobili da parte di componenti della
fazione dei Banderari scatenò la repressione del papa
Pio IV, che inviò, come Governatore e Commissario per
Terni, il cardinale Monte dei Valenti, con ampi poteri inquisitori
e persecutori. Oltre alle condanne a morte per decapitazione
dei colpevoli, Monte dei Valenti riconobbe responsabilità
precise anche al Comune, al quale furono addebitate tutte
le spese della sua missione, della nuova destinazione d'uso
delle aree di proprietà dei condannati e del riadattamento
dei palazzi papali. Fu così che la municipalità,
non potendo far fronte ai debiti contratti, decise di rinunciare
alla sua secolare autonomia.
Il
XVII e il XVIII secolo
Il centro storico cittadinoDopo il Concilio di Trento iniziò
un periodo di circa due secoli, in cui Terni, avendo perduto
una sua precisa identità, trovò in Roma un punto
di riferimento sicuro. Gli Aldobrandini e i Barberini furono
per molti anni nel corso del XVII secolo patroni della città;
Francesco Angeloni, ternano, fu segretario del cardinale Ippolito
Aldobrandini; Francesco Angelo Rapaccioli, anch'egli originario
di Terni, fu legatissimo al cardinale Maffeo Barberini, il
futuro Urbano VIII; a Roma fu deciso perfino il nuovo patrono,
San Valentino. Così, importanti personaggi dell'arte
e della cultura approdarono, da Roma, a Terni: Antonio da
Sangallo il Giovane per dirigere i lavori della cava paolina
alla Cascata delle Marmore e proprio a Terni trovò
la morte; Jacopo Barozzi da Vignola e Carlo Fontana per la
riedificazione del Ponte Romano, Carlo Maderno per la cava
clementina e Girolamo Troppa come decoratore di ville e palazzi
cittadini.
Nel
1657, per sei mesi, fra maggio e dicembre, imperversò
la peste, proveniente da Napoli, dove l'estate precedente
aveva mietuto molte vittime. Nonostante i provvedimenti di
sanità pubblica e le suppliche ai Santi protettori
della città, si contarono parecchi morti, tanto che
il comune fu costretto ad approntare un'area cimiteriale apposita
a sud-ovest delle mura cittadine.
L'altro
flagello, che colpì questa piccola comunità,
furono i numerosi passaggi di truppe straniere durante la
Guerra di successione spagnola, la Guerra di successione polacca
e, soprattutto, la Guerra di successione austriaca, che comportò
la presenza continuativa di armati fra il 1742 e il 1748.
Oltre agli episodi di diserzione, intolleranza e violenza
contro la popolazione locale, si aggiunsero lo spoglio sistematico
delle campagne, il dissanguamento delle casse comunali e le
carestie.
Alla
vigilia della temperie napoleonica Terni faceva parte della
Delegazione di Spoleto, contava poco più di 8000 anime,
di cui il 40% era distribuito nelle campagne ed il resto nel
contesto cittadino. La diocesi aveva 17 parrocchie con 80
chiese e 10 case religiose. Il clero rappresentava una consistente
porzione del tessuto sociale, aveva in mano le scuole, tutte
improntate allo spirito della Controriforma, ed era titolare
di gran parte degli enti di pubblica utilità. Le donazioni
e le imposte erano quasi tutte distribuite alle fondazioni
religiose, che le utilizzavano per mantenersi e per mantenere
le opere pie. L'agricoltura, gestita con i contratti a mezzadria,
si basava soprattutto sulle colture arboricole, in particolare
l'olivo. Fra le industrie, che sfruttavano i numerosi corsi
d'acqua della città, c'erano una segheria idraulica,
aperta dal 1715, una ratiera inaugurata nel 1730 e la ferriera,
la cui concessione alla Famiglia Gazzoli fu rilasciata nel
1794.
Da
Napoleone al Risorgimento
Dipartimenti francesi in Italia durante l'occupazione napoleonicaIl
sonno di questa piccola comunità fu bruscamente interrotto
il 16 febbraio 1798, quando il generale Louis Alexandre Berthier
da Spoleto dettò le condizioni di resa alle avanguardie
francesi. Nel marzo dello stesso anno Terni fu dichiarato
Municipio cantonale urbano appartenente al Dipartimento del
Clitunno, con capoluogo Spoleto, che risultò, prima
della proclamazione della Repubblica Romana, il centro di
una Repubblica autonoma.
«
Cittadini, l'invitta generosa Nazione Francese tolse da vostri
occhj la benda, sciolse le vostre mani, ruppe infine quei
ceppi che per tanti anni vi opressero: Voi siete liberi: Voi
siete uguali.. » (Proclama al Popolo Ternano, dì
19 marzo 1798, anno 1° della Repubblica Romana una e indivisibile
in Giorgio Brighi, Terni giacobina, in 'Memoria Storica',
16, 2000, p. 49).
Geograficamente
si trovava a poca distanza dal confine fra il territorio della
Repubblica Romana, termine con cui fu ridenominato il vecchio
Stato Pontificio, in mano ai Francesi, e il Regno delle due
Sicilie, nelle mani dei Borbone di Napoli. L'occupazione francese
non fu facile, né indolore: alla laicizzazione delle
scuole e della vita pubblica, nonché ai buoni propositi
di sviluppo scientifico e tecnico, si aggiunsero la leva obbligatoria,
la tassazione annonaria, gli espropri forzosi, le violenze
gratuite degli armati francesi, accampati nella parte ovest
della città e le ruberie dei briganti, imboscati a
sud e ad est. A tutto questo si aggiunse la presenza di circa
seimila armati, provenienti dal Regno di Napoli , accampati
fra Piediluco e le Marmore.
Una
sollevazione popolare contro gli occupanti ed un vano tentativo
di reprimerla precedettero soltanto di poche settimane l'arrivo,
il 14 agosto del 1799, delle truppe austro-russe del generale
Gerlanitz, che di fatto pose fine alla breve esperienza giacobina.
«
..Concorrete dunque o Ternani a prestare nuovi serviggi alla
Patria per assicurare sempre più il Culto della nostra
Santa Religione, le vostre sostanze, e la tranquillità
delle vostre famiglie, e per dimostrare con effusione di cuore
il vostro impegno, e la vostra gratitudine all'invitte Armate
Austro-Russe, che anno (sic !) infranto il giogo d'una infame
libertà, e d'una sognata eguaglianza. »
(Proclama del Generale Antonio Gerlanitz, in Vincenzo Pirro,
Il Comune Repubblicano, in Storia illustrata delle città
dell'Umbria, op. cit., p. 251).
Firma
autografa di Napoleone BonaparteGli anni dell'Impero Napoleonico
videro di nuovo Terni attraversata ed occupata dagli eserciti
francesi destinati a Roma e a Napoli. Dapprima, nel contesto
della guerra contro Ferdinando IV di Napoli, agli inizi del
1801, in ottemperanza alle condizioni della pace di Foligno,
prese possesso della città e del suo circondario un
corpo di spedizione francese, comandato da Gioacchino Murat.
Poi, nel 1807 e nel 1808, durante la guerra che fece seguito
alla Terza coalizione, passarono altri eserciti e furono imposti
altri dazi, in beni e prodotti, finché nel luglio del
1809 Terni, come parte del Circondario di Spoleto, entrò
nel Dipartimento del Trasimeno, non accorpato al Regno d'Italia,
ma, insieme al Dipartimento del Tevere, dipendente direttamente
dalla corona imperiale.
Ma
nel maggio del 1814 Pio VII, di ritorno dalla Francia, dove
era stato condotto da Napoleone, e diretto a Roma, passò
per Terni: fu questo l'atto formale del ritorno della città
sotto il potere del Papa.
Nonostante
gli entusiasmi per l'avvenimento ed una sostanziale fedeltà
alla Chiesa, rimaneva forte il bisogno di ridimensionare la
pervasività del clero nelle vicende civili, sebbene
questo atteggiamento fosse ancora molto dimesso. Nel febbraio
del 1831 Terni accolse con favore, ma non in tutte le sue
componenti sociali, le avanguardie dell'esercito del generale
Sercognani, che scendeva dalle Legazioni e dalla Marca, deciso
a dirigersi su Roma; in quella occasione entrò a far
parte del territorio delle Province Unite, con capitale Bologna,
formalmente distinto dal resto dello Stato Pontificio. Per
circa un mese le truppe raccogliticce dei rivoltosi usarono
Terni come retrovia per le iniziative di guerra contro Rieti
e Civita Castellana; tuttavia, la resistenza papalina, il
mancato aiuto della Francia e la reazione dell'Austria, che
nel frattempo aveva ripreso le Legazioni, indussero Sercognani
ad abbandonare l'impresa.
Il
nuovo ritorno di Terni al Papa fu immediato. Alla clericizzazione
delle istituzioni e all'eccessivo centralismo papale si accompagnarono
anni di discreto benessere: la città, in cui sorsero
nuove iniziative industriali, come un cotonificio nel 1846,
un lanificio, e in cui fu realizzato l'ammodernamento della
ferriera, non spopolò le campagne, che continuarono
ad essere produttive grazie alle colture miste e alla mezzadria.
Nel 1846 arrivò la ferrovia che collegava Terni a Roma.
Papa
Pio IX.Durante il pontificato di Pio IX la ventata di neoguelfismo
e di patriottismo italico che contagiò tutto lo Stato
Pontificio si fece sentire anche a Terni, dove fu ospitato
con i massimi onori Ciceruacchio, noto agitatore di popolo
a favore della politica di Pio IX.
Nell'Aprile
del 1848 qualche decina di volontari ternani partecipò
alla prima guerra di indipendenza, sotto il comando del generale
Ferrari, distinguendosi nel teatro di guerra veneto; ma la
sconfitta delle forze pontificie ed il ritiro delle truppe,
decretato da Pio IX, determinò anche a Terni un mutamento
dei sentimenti patriottici, che si indirizzarono non più
verso il neoguelfismo ma verso il repubblicanesimo democratico
di Giuseppe Mazzini.
L'esperienza
della Repubblica Romana del 1848 segnò l'inizio di
questa svolta politica: l'adesione popolare fu piuttosto consistente,
tanto che Terni divenne sede del 'Corpo di Osservazione degli
Appennini'. Nel luglio di quell'anno, però, anche questa
breve fase di liberazione dal giogo della monarchia papale
si esaurì. Alcuni ternani seguirono Giuseppe Garibaldi
che scappava verso la Romagna; uno di essi, Giovanni Froscianti,
diventerà uno dei suoi più fidati collaboratori.
Annessione
al Regno d'ItaliaIl ritorno di Pio IX provocò sia la
fuga di chi aveva sostenuto a spada tratta l'esperienza della
Repubblica Romana, sia il distacco fra chi conduceva la cosa
pubblica, allineato su posizioni quantomeno apolitiche e chi
aveva partecipato convintamente ai moti del 1848. Tuttavia,
Terni, capeggiata da esponenti rivoluzionari mazziniani, accettò
malvolentieri le direttive del Comitato di Perugia, che, schierato
a favore della politica del Cavour, svolgeva un ruolo di assoluta
preminenza sul resto delle altre comunità umbre.
I
sentimenti popolari di chiara insofferenza del potere papale
sfociarono in dimostrazioni contro la tassa sul macinato,
nel 1850 e contro la tassazione delle attività artistiche
ed artigiane, nel 1852. Fra il luglio e l'agosto del 1860,
mentre Garibaldi tentava di penetrare nel territorio pontificio,
un contingente di zuavi, al comando del colonnello De Pimodan,
si acquartierò nella città e non fu anche questa
un'esperienza indolore per Terni.
Bersaglieri
in ricognizioneRichiamati dal sopraggiungere delle truppe
piemontesi nella Marca, i francesi abbandonarono la città
diretti a sostenere lo scontro di Castelfidardo. Il 20 settembre
di quell'anno i bersaglieri piemontesi del generale Filippo
Brignone entrarono a Terni, attraverso la Porta Spoletina
e vi rimasero, fino all'anno dopo, poiché Terni diventò
sede del comando della XV divisione. Il Plebiscito che seguì
e formalizzò l'annessione al Regno d'Italia vide, su
3672 votanti, 1 solo voto contrario a fronte di 3461 voti
favorevoli. Il primo sindaco post-unitario fu eletto il 1
dicembre del 1860.
La
sua posizione di città di confine fra il Regno e lo
Stato Pontificio la fece diventare ben presto la base di appoggio
per le iniziative politiche e militari tese alla liberazione
di Roma. Nel giugno del 1867 un centinaio di patriotti ternani
tentò di portarsi su Roma, ma furono fermati dalle
truppe italiane. Poco dopo, Menotti Garibaldi partì
da Terni e si attestò a Nerola per attendere rinforzi
che giunsero dalla città umbra il 13 ottobre, quando
attaccò Montelibretti. A Terni fu organizzato il Comitato
di Soccorso per l'Affrancamento di Roma, che si affiancò
al Comitato Nazionale, il quale, sotto la direzione di Francesco
Crispi e Giuseppe Guerzoni, si era da poco insediato in città.
Tuttavia, furono i Enrico e Giovanni Cairoli a rompere gli
indugi: partendo da Terni con appena 75 volontari, passarono
il confine, ma furono fermati dai papalini a Villa Glori,
dove Enrico trovò la morte. Garibaldi, fuggito da Caprera
anche grazie all'aiuto di Froscianti, giunse il 22 ottobre
a Terni, già piena di volontari da tutta Italia; partì
subito dopo e raggiunse il figlio e gli altri volontari a
Passo Corese, ma l'impresa fu vanificata dai fucili francesi
del generale De Failly, il 3 novembre, a Mentana. Quello che
non poterono i volontari garibaldini e mazziniani lo fecero
la diplomazia e le truppe del generale Raffaele Cadorna, che
il 6 settembre 1870 organizzò a Terni il suo quartier
generale, mentre i soldati del IV Corpo d'armata piemontese
prendevano posizione ai confini; in città si allestì
un ospedale militare e il necessario per il vettovagliamento
giornaliero delle truppe tramite ferrovia. L'11 settembre
1870 Cadorna lanciò il Proclama con cui iniziava la
campagna di guerra; il 20 settembre, esattamente dieci anni
dopo l'entrata a Terni, i bersaglieri sabaudi varcavano Porta
Pia.
L'
IndustrializzazioneDopo l'annessione al Regno d'Italia, l'industria,
come motore dell'economia cittadina, fu al centro delle volontà
del Commissario per l'Umbria, Gioacchino Napoleone Pepoli
e alle scelte degli amministratori locali, che, pur in presenza
di gravi difficoltà finanziarie, vollero favorire gli
insediamenti manifatturieri, offrendo lo sfruttamento potenziale
di duecentomila cavalli vapore, ottenibili dall'ampia disponibilità
di risorse idriche. Nel 1875, dopo le sconfitte patite nella
III Guerra d'Indipendenza, lo Stato Maggiore premeva per avere
un'industria militare nazionale. Il portavoce di questa esigenza
fu il Capitano Luigi Campofregoso, che ebbe dalla sua parte,
sia la fattiva opera del deputato ed ex garibaldino Vincenzo
Stefano Breda, il quale era convinto che Terni fosse il luogo
strategicamente ideale per l'impiantistica militare, sia la
campagna di stampa della Gazzetta d'Italia, che sosteneva
le tesi del Breda. L'edificazione della Fabbrica d'Armi fu
iniziata nel 1875 e lo stabilimento entrò in funzione
nel 1881.
Nel
1879 Cassian Bon, un imprenditore belga, acquistò la
fonderia 'Giovanni Lucovich e C.', che era stata impiantata
qualche anno prima da alcuni industriali milanesi e tedeschi.
Nel 1881 lo stesso Cassian Bon fondò la 'Società
degli Altiforni e Fonderia di Terni' e nel 1886, insieme a
Vincenzo Stefano Breda, all'epoca Presidente della 'Società
Veneta per le Imprese e le Costruzioni Pubbliche', un'azienda
che utilizzava capitali dello Stato per le opere di edificazione
e di impiantistica, cominciò a realizzare il grande
progetto di uno stabilimento per la produzione dell'acciaio.
Lo scopo dell'impresa, formalizzato da un'apposita Commissione
nominata dal Ministro della Marina Benedetto Brin, era quello
di produrre corazze e cannoni per le navi da guerra.
Nel
1884 fu ammodernata ed ampliata la ferriera; nel 1885 il genovese
Alessandro Centurini iniziò la costruzione di un lanificio
e jutificio; nel 1890 il torinese Antonio Bosco costruì
uno stabilimento per la produzione di attrezzi agricoli; nel
1896 si costituì la 'Società Italiana del Carburo
di Calcio, Acetilene ed altri Gas', che gestiva non solo stabilimenti
per la produzione del carburo di calcio ma anche centrali
idroelettriche; nel 1883 fu inaugurata la ferrovia Terni-Rieti-L'Aquila-Sulmona.
Terni fu la quarta città italiana, in ordine di tempo,
ad avere l'illuminazione pubblica ad elettricità.
La
forza lavoro, nel giro di qualche decennio, quadruplicò,
soprattutto per l'arrivo di maestranze dal nord ed operai,
quasi sempre di estrazione contadina, dal resto dell'Umbria,
dal Lazio, dalle Marche, dalla Toscana e della Romagna. L'
industrializzazione creò, tuttavia, dei grossi problemi
logistici, per la scarsa disponibilità di case e l'inadeguatezza
dei servizi pubblici, a cui si aggiunsero i pregiudizi della
gente locale contro gli immigrati e la riottosità dei
titolari dei fondi a concedere le aree necessarie e i diritti
di sfruttamento delle acque per l'impiantistica e gli edifici;
d'altra parte, le iniziative industriali vennero tutte da
fuori e nessun ricco borghese locale ne risultò coinvolto.
All'inizio del XX secolo Terni era, comunque, fra le prime
città industriali italiane. Con l'industrializzazione
della seconda metà dell'Ottocento fu necessario istruire
i giovani nelle attività professionali di tecnico.
La situazione dell'istruzione a Terni risultava in questo
periodo estremamente grave, mancando un qualsiasi tipo di
scuola professionale. A tal fine, facendo seguito ad un apposito
decreto del Commissario Straordinario per le Province dell'Umbria,
nel 1861, fu istituito il Regio Istituto Tecnico (in seguito
Istituto Industriale e Liceo Scientifico), uno dei primi quattro
in Italia, che verso la fine dell'Ottocento, sotto la guida
del prof. Luigi Corradi, divenne rinomato attraendo giovani
da ogni parte d'Italia.
Fra
i due Conflitti Mondiali
Lavoratori presso le acciaierie di Terni nel secondo dopoguerra.Il
nuovo secolo iniziò con un progressivo consolidamento
della 'Società degli Alti Forni e Fonderie di Terni'
nel campo dell'industria bellica: incentivò la ricerca
tecnica di nuove forme di fusione e laminazione dell'acciaio,
dismise i vecchi convertitori ed acquisì i più
moderni Martin-Siemens, di cui brevettò una variante
denominata 'Martin-Terni', che si diffuse in tutta la siderurgia
mondiale dell'epoca. Negli stabilimenti di Terni furono costruite
con metodo Schneider le corazze delle navi Ruggero di Lauria
,Re Umberto ,Sicilia, Sardegna, Marco Polo , con acciaio al
nichel le corazze delle navi Francesco Ferruccio, Benedetto
Brin, Regina Margherita e con un metodo ideato dai suoi ingegneri
siderurgici, peraltro simile al sistema Krupp, le corazze
delle navi Regina Elena , Andrea Doria, Roma, Conte di Cavour,
Giulio Cesare e Vittorio Emanuele. Nel 1905 fondò,
a La Spezia, con l'inglese Vickers, uno stabilimento per la
produzione di cannoni navali. Cominciò la produzione,
oltre che delle corazze per le navi da battaglia, durante
la Prima guerra mondiale anche di componenti dei cannoni e
dei proiettili, almeno fino all'apertura degli stabilimenti
Ansaldo di Genova. Nel 1922, dopo aver acquisito la 'Società
Italiana per il Carburo di Calcio, Acetilene e altri Gas'
si espanse nel settore energetico, con l'aquisizione di tutte
le centrali idroelettriche esistenti e in quello chimico,
trasformando la sua denominazione in 'Terni Società
per l'Industria e l'elettricità'. La 'Fabbrica d'Armi'
produceva armi di vario tipo, fra le quali il fucile Carcano
Mod. 91, che equipaggiò l'esercito italiano per molti
anni: durante il primo conflitto mondiale sfornava oltre 2000
fucili al giorno. La 'Bosco' si affermò nelle costruzioni
per i rimessaggi aeronautici e nel 1924 iniziò la produzione
di manufatti metallici, come idroestrattori, autoclavi e bollitori.
Nel 1927 il 'Lanificio e Jutificio Centurini' era, per dipendenti
e produzione, il secondo opificio italiano del settore; negli
anni venti il 'Tipografico Alterocca' immetteva sul mercato
il 30% delle cartoline illustrate che si stampavano in Italia.
La
presenza degli operai nel tessuto sociale cittadino fu enorme,
se si considera che questa categoria costituiva, all'inizio
del secolo, il 70% della popolazione residente. Nel 1901,
dopo le leggi Pelloux, fu ricostituita la 'Camera del Lavoro',
la prima in Umbria, già fondata fra il 1893 e il 1896.
L'emanazione di un duro regolamento di fabbrica da parte della
Direzionale Aziendale delle acciaierie il giorno della vigilia
di Pasqua del 1907 provocò la reazione degli operai,
sotto la guida della Camera del Lavoro e non delle organizzazioni
sindacali. La conseguente serrata dei cancelli da parte dell'azienda
ridusse alla fame per tre mesi quattromila famiglie, salvate
dall'emigrazione e dalla solidarietà dei lavoratori
di altre industrie locali e di alcune città, fra cui,
soprattutto, Genova. Nel 1927 la Camera del Lavoro contava
quasi tremila iscritti e cinque società di mutuo soccorso,
gestiva l'assistenza medica e l'istruzione per i lavoratori.
Notevole fu anche il movimento operaio femminile, più
volte promotore di scioperi contro i bassi salari e le condizioni
di lavoro in fabbrica; Carlotta Orientale, operaia dello 'Jutificio
Centurini', fu segretaria nazionale dell'Unione Sindacale
Italiana, durante la Prima guerra mondiale. Nelle elezioni
politiche del 1919 i socialisti riscossero una maggioranza
del 71%. Nonostante nel 1921 vi operassero circa cinquecento
squadristi fascisti, Terni rimase l'unico comune umbro ad
amministrazione socialista fino al 17 ottobre 1922.
Sotto
la spinta politica del PNF la 'Terni', come era più
brevemente chiamata, finanziò la costruzione di alloggi
per gli operai, fino ad interi quartieri, perfino di due chiese;
oltre al dopolavoro istituì gli spacci aziendali, promosse
i circoli associativi, dotò la città di strutture
sportive e ricreative. La concessione dello sfruttamento dell'intero
sistema idrico Nera-Velino e le notevoli commesse militari
spinsero la 'Terni' ad essere uno dei maggiori gruppi industriali
italiani: entrata nell'IRI nel 1933, oltre a sfornare acciaio,
produceva in un anno circa un miliardo di kilowattora di energia
elettrica dalle centrali del sistema dei fiumi Salto e Turano
nel Lazio, e del Vomano in Abruzzo; produceva in esclusiva,
negli stabilimenti chimici di Nera Montoro, l'ammoniaca secondo
il processo Casale, dopo aver fondato nel 1925 la SIRI, 'Società
Italiana per le Ricerche Industriali', specializzata nella
elaborazione di brevetti per l'industria chimica, soprattutto
nella produzione dell'ammoniaca, del metanolo, e nella chimica
degli idrocarburi carburo di calcio e composti azotati nel
nuovo stabilimento di Papigno.
Nel
1927 la "Società Umbra Prodotti chimici",
modificatasi poi in "Viscosa Umbra", iniziò
la produzione di solfuro di carbonio. Nel 1939 fu costruito
lo stabilimento della 'Società Anonima Industria Gomma
Sintetica' (SAIGS) per iniziativa dell'IRI e della Pirelli,
per la sintesi del butadiene dal carburo di calcio.
Alla
prosperità dell'industria si accompagnarono, però,
le difficoltà amministrative, poiché il Partito
Nazionale Fascista (PNF) oscillò sempre fra chi sosteneva
a spada tratta l'industria e chi si appoggiava, invece, al
non mai sopito spirito anti-industriale. L'immobilismo dell'amministrazione
fu in parte superato dopo il 1930, quando l'adozione di un
piano regolatore generale permise di attuare i primi sostanziali
interventi alle infrastrutture, anche se proprio ad iniziare
da quel periodo la grande industria cominciò ad essere
la vera promotrice della vita cittadina. La parte del PNF
favorevole all'industria, capeggiata in prima persona da Mussolini,
decise nel 1926 di istituire la Provincia di Terni e il territorio
comunale fu ampliato fino a comprendere ben sette comuni precedenti.
Bombardiere
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Nel 1924 la propaganda clandestina del Partito Comunista Italiano
cominciò a fare proseliti all'interno delle Acciaierie;
nel 1931 risultarono iscritti circa duecento operai. Addirittura
nel 1936 si stamparono volantini di sostegno alla Spagna Repubblicana.
La clandestinità non valse ad evitare l'accusa di ricostituzione
del Partito Comunista e di condanne al confino, inflitte a
diverse decine di persone. Nel 1943, con l'apporto di molti
operai, fu costituita la brigata partigiana 'Antonio Gramsci',
che durante la Resistenza operò sull'Appennino umbro-marchigiano.
Nodo
industriale di primaria importanza, Terni fu oggetto di ben
centootto bombardamenti da parte degli Alleati durante la
loro campagna di guerra in Italia: l' 11 agosto del 1943 un
bombardamento aereo, senza che l'UNPA facesse in tempo a lanciare
l'allarme, provocò 350 vittime, quasi tutte civili;
al termine della guerra si conteranno poco meno di duemila
morti e soltanto il 17% degli edifici rimasti illesi. Grazie
all'azione dei lavoratori, i Tedeschi in ritirata non riuscirono
nell'intento di sabotare o smantellare gli impianti industriali,
ad eccezione della produzione di energia elettrica e dello
stabilimento della SAIGS. Gli inglesi del generale Alexander
entrarono in città il 13 giugno del 1944. Per i motivi
di cui sopra, Terni è stata insignita della Croce di
Guerra al Valor Militare.
La
Ricostruzione
Via Plebiscito verso Piazza della RepubblicaLe dismissioni
belliche risultarono deleterie per l'acciaio ternano: fra
il 1947 e il 1948 furono licenziati oltre duemila lavoratori
e dopo l'elaborazione del piano Sinigaglia, che spostava le
produzioni strategiche sul mare, furono licenziati nel 1952
settecento e l'anno dopo altri duemila operai ed impiegati.
Tuttavia, la capacità produttiva e le competenze delle
maestranze sopravvissute alla guerra permisero di recuperare
tutto il sistema idroelettrico e di ampliarlo con la costruzione
di nuove centrali sul Nera e sul Tevere; fu costruita una
linea diretta con Genova per l'alimentazione del nuovo stabilimento
siderurgico dell'Ilva di Cornigliano.
Ma
nel 1962, con l'istituzione dell'ENEL, tutte le fonti energetiche
della società ternana furono nazionalizzate. Seguì,
a breve, lo scorporo delle altre attività: l'elettrochimico
di Nera Montoro fu ceduto all'Anic, nel 1967 lo stabilimento
di Papigno passò all'ENI; le attività siderurgiche
furono incorporate nella Finsider. La stessa produzione dei
manufatti in acciaio rimase di secondo piano, poiché
la maggior parte delle iniziative industriali emergenti, come
l'elettronucleare, furono boicottate dall 'IRI, che dirottò
le produzioni su altri impianti, nonostante Terni eccellesse
anche nella ricerca siderurgica: basti pensare alla scoperta
dell' 'effetto Terni', cioè al paradosso dell'aumento
di temperatura di grossi pezzi fusi, quando sono sottoposti
al raffreddamento in acqua. L'iniziativa industriale più
importante di questo periodo fu la costruzione della 'Terninoss',
uno stabilimento per la produzione di laminati piatti inossidabili,
grazie ad una joint-venture fra la Finsider e la Unites States
Steel; la domanda di acciaio inossidabile favorì lo
sviluppo della fabbrica, che arrivò a produrre circa
centocinquantamila tonnellate annue di laminati.
Gli
anni anni '80 sono stati particolarmente difficili per l'industria
ternana, con una notevole contrazione degli occupati ed un
forte ridimensionamento delle produzioni; una via d'uscita
fu individuata nel 1988, quando i vertici aziendali e l'IRI
decisero di orientare le produzioni sugli acciai speciali.
Nel 1994 l'azienda è stata privatizzata, con l'acquisto
qualche anno dopo, dell'intera proprietà da parte della
multinazionale tedesca ThyssenKrupp.
Degli
altri insediamenti produttivi, negli anni '50 fu chiuso lo
stabilimento della Viscosa, nel 1970 cessò l'attività
il 'Lanificio e Jutificio Centurini' e nel giugno del 1985
chiuse i battenti la SIRI, nonostante i grandi successi industriali
degli anni 50. Nel 1949 la SAIGS fu ceduta alla Montecatini,
che ricovertì gli impianti per la produzione dei polimeri
sintetici. Nel 1960 iniziò la produzione del 'Meraklon',
seguita dal 'Montivel' e dal 'Moplefan', tutto materiale progettato
e sintetizzato nei laboratori di ricerca dello stabilimento,
dove operò anche Giulio Natta. Agli inizi degli anni
'70 lo stabilimento fu suddiviso in varie subunità
produttive, imperniate sul polipropilene in granuli, fiocco,
film, filo; negli anni 80 e '90 queste produzioni, come quelle
dello stabilimento di Nera Montoro, sono state acquisite da
varie multinazionali estere. La 'Fabbrica d'Armi', pur subendo
un inevitabile ridimensionamento dopo il secondo conflitto
mondiale, con la denominazione di 'Stabilimento Militare Armamento
Leggero', ha continuato ad essere uno dei siti nazionali per
la manutenzione delle armi dell'esercito italiano e della
NATO.
Piazza
Mario RidolfiAltri stabilimenti sono stati ristrutturati e
riconvertiti: quello di Papigno in studios cinematografici,
quello delle Officine Bosco nel Centro Multimediale, quello
della SIRI in strutture operanti nel terziario e nel sistema
museale cittadino.
Negli
ultimi quindici anni, Terni è diventata una città-cantiere:
dai primi anni novanta non si sono fermati i lavori che via
via stanno portando ad un radicale cambiamento del centro
cittadino, imperniato sui "tre centri storici" del
Quartiere Clai come centro della città romana, del
Quartiere Duomo come centro della città medioevale
e dell'asse Piazza Europa, Piazza della Repubblica, Corso
Tacito come centro della città moderna.
La
città nel secondo dopoguerra ha avuto una forte espansione
ben oltre i villaggi operai d'inizio secolo, sviluppandosi
su quattro assi a raggiera intorno al nucleo centrale e ponendo
al nuovo piano regolatore Ridolfi, e sue successive varianti,
il problema della vivibilità delle periferie e del
loro collegamento con il resto della città. La viabilità
ha dovuto superare l'antico schema dell'unico asse preferenziale
della Flaminia, contestualizzando i progetti in un ambito
interregionale, come la direttrice Rieti-Terni-Civitavecchia,
la SS 3 bis e la piattaforma logistica, ancora non realizzata,
tutte essenziali per le industrie del ternano e il suo terziario.
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